Occhi fissi sul telefonino, dita (in genere, soprattutto tra i più giovani, i due pollici) in frenetico movimento e mente rapita e lontana. E’ l’atteggiamento tipico dei ragazzi (ma anche gli adulti non scherzano) sempre meno interessati da quello che succede intorno a loro.
In metropolitana, in un locale, a letto, in bagno o in giro a piedi cambia poco: sempre più ragazzi sembrano incapaci di immaginare una vita senza smartphone e internet.
Una dipendenza diventata patologia, come fotografa alla perfezione il termine individuato per definirla: nomofobia (no-mobile-phone-phobia), ovvero la paura di rimanere senza smartphone e, quindi, senza connessione Internet.
Questa patologia fa leva sul funzionamento delle applicazioni: a causa delle notifiche che vengono ricevute in continuazione sul dispositivo mobile, gli utenti sono infatti sempre e costantemente connessi, coinvolti in attività frenetiche che li allontano di fatto dalla vita reale.
La notifica, il richiamo che arriva da whatsapp o dai social, induce a rispondere subito, a controllare la novità e quindi all’interazione ossessiva.
Basta guardarsi in giro: siamo talmente appassionati della nostra vita digitale che spesso questa tende a sovrapporsi a quella reale.
La dipendenza da cellulare spinge ad avere continuo bisogno di interagire con le principali applicazioni social installate sul telefono. Non a caso si parla anche di dipendenza da social o da Facebook, poiché l’utilizzo di questi servizi è una fonte di gratificazioni, sperimentate attraverso apprezzamenti in veste di “like” o commenti a ciò che viene pubblicato online.
Come tutte le malattie ha dei sintomi ben precisi. Ignorare le persone durante una conversazione è sicuramente un esempio. Così come avere una tendenza al controllo ossessivo delle notifiche, delle chat o dei social network. Ancora: temere di perdere informazioni o, peggio, manifestare malessere quando il cellulare è scarico o non ha linea.
Ancora un esempio: addormentarsi ogni sera con lo smartphone in mano e controllare le notifiche appena svegli.
Qualche numero può aiutare a comprendere meglio il fenomeno: si stima che circa l’80% dei ragazzi, nella fascia di età compresa tra i 15 e i 25 anni, sia dipendente da smartphone. Il 50% utilizza il telefono anche a tavola, mentre il 78% anche a letto.
Per provare a limitare i danni e ridurre la dipendenza è, innanzitutto, necessario prendere coscienza del tipo di rapporto che si ha con il proprio telefonino.
A tal proposito esistono alcune app che monitorano l’utilizzo dello smartphone, registrando il numero di volte che si controlla il telefono o le diverse applicazioni installate.
Disattivare le notifiche, che sono tra i principali protagonisti della dipendenza da smartphone, sarebbe sicuramente cosa buona giusta. Magari iniziando per alcune ore, per poi andare progressivamente aumentando.
Invertire la rotta non è facile, ma è diventato ormai necessario. E non sorprende che, di recente, sia stata depositata alla Camera una proposta di legge per fermare il problema e rendere i giovani più consapevoli circa i rischi della dipendenza da Internet.
Il testo depositato vuole introdurre corsi di formazione ad hoc nelle scuole medie e superiori per prevenire la dipendenza da smartphone e, ove necessario, curarla. Oltre ai giovani, in questi corsi di formazione sarà importante anche il ruolo dei genitori.
L’obiettivo finale della legge è educare ad un uso corretto e consapevole di Internet, degli smartphone e dei Social network. Il progetto propone anche di istituire un tavolo tecnico che coinvolga il Ministero dell’Istruzione ed il Ministero della Salute per l’ideazione delle misure necessarie a contrastare questa tendenza.
Basterà? Difficile dirlo, per qualcuno è ormai già troppo tardi.